Ti sei mai fermata a pensare davvero a cosa indossi ogni giorno? Dietro un tessuto morbido o un colore acceso può nascondersi molto più di una semplice scelta estetica. C’è un mondo invisibile, fatto di sostanze, processi industriali e residui chimici che, senza che ce ne accorgiamo, finiscono per toccare la nostra pelle ogni giorno. E ciò che crediamo essere solo un abito alla moda può trasformarsi, silenziosamente, in una potenziale minaccia per la salute.
Secondo gli esperti del portale scientifico “Dottore ma è vero che…?”, promosso dalla Fnomceo – la Federazione nazionale degli ordini dei medici – il numero di sostanze chimiche usate per realizzare i tessuti è altissimo. Molte sono necessarie per ottenere determinati colori o trattamenti, altre per rendere i capi più resistenti o impermeabili. Ma tra queste ci sono composti che, in certi casi, risultano tossici o allergizzanti. Alcuni sono stati banditi, altri solo parzialmente sostituiti. Tuttavia, per chi compra, capire davvero cosa si sta indossando rimane un’impresa quasi impossibile.

A rendere tutto più complicato è la falsa sicurezza che accompagna i tessuti “naturali”. Il cotone, la lana o la seta, spesso associati a un’idea di purezza e sostenibilità, non sono esenti da rischi. Dalle tinture ai trattamenti antimuffa, anche questi materiali possono contenere tracce di sostanze irritanti. Le etichette, poi, non aiutano: la legge impone di specificare la composizione del tessuto, ma non gli additivi o le sostanze chimiche usate nel processo produttivo. Solo pochi marchi virtuosi scelgono di essere più trasparenti, ma si tratta ancora di eccezioni.

In teoria, una regolamentazione europea esiste e stabilisce limiti precisi per l’uso di determinate sostanze. In pratica, però, una gran parte dei capi che troviamo nei negozi proviene da Paesi extra Ue, dove i controlli sono meno rigorosi e le norme più permissive. Così, abiti prodotti a migliaia di chilometri di distanza finiscono nei nostri armadi senza che nessuno possa garantire davvero la loro sicurezza. Per chi soffre di allergie o ha la pelle sensibile, questo può trasformarsi in un percorso a ostacoli tra dermatiti, pruriti e reazioni imprevedibili.
I dermatologi mettono in guardia: i sintomi possono comparire all’improvviso, anche dopo mesi di utilizzo. “Le manifestazioni più comuni sono prurito, arrossamenti o piccole vescicole nelle zone a contatto diretto con il tessuto”, spiegano gli esperti. Colpiscono spesso le donne, più esposte a tessuti colorati o capi trattati, ma nessuno ne è del tutto immune. Quando si sospetta un’origine “tessile” del problema, il test più efficace è il patch test: piccoli campioni di sostanze vengono applicati sulla pelle e, dopo 48 o 72 ore, si osservano le reazioni. È così che, talvolta, si scopre che proprio il maglione preferito o i jeans del cuore erano i veri responsabili del fastidio.

Ma c’è di peggio. Tra le sostanze più discusse e pericolose si trovano i Pfas, i cosiddetti “forever chemicals”, così chiamati perché non si degradano facilmente e restano nell’ambiente – e nel nostro corpo – per decenni. Sono usati per rendere i capi impermeabili o antimacchia, eppure diversi studi internazionali hanno dimostrato che questi composti si accumulano nel sangue, con effetti che vanno dal danneggiamento del sistema immunitario fino a squilibri ormonali. Nei bambini, l’esposizione prolungata può influenzare lo sviluppo, la funzionalità renale e perfino anticipare la pubertà, aprendo la strada a rischi futuri per cuore e metabolismo.
L’allarme è chiaro: non tutto ciò che luccica è sicuro. Dietro un abito economico o una felpa “tecnica” possono celarsi conseguenze che vanno ben oltre la moda. Gli esperti invitano a compiere scelte consapevoli: leggere con attenzione le etichette, preferire marchi che adottano certificazioni ambientali, lavare i capi nuovi prima di indossarli e ridurre l’acquisto compulsivo di prodotti low cost.
Perché la salute, proprio come lo stile, comincia da ciò che decidiamo di indossare ogni giorno. E capire cosa si nasconde nei nostri vestiti non è solo un gesto di curiosità: è un atto di responsabilità verso noi stessi, verso chi amiamo e verso il pianeta che ci ospita.